Lunedì, 19 novembre 2018, ore 19.00
Istituto Polacco di Roma
(Via Vittoria Colonna, 1 - Ingresso libero fino ad esaurimento posti)
Istituto Polacco di Roma
(Via Vittoria Colonna, 1 - Ingresso libero fino ad esaurimento posti)
Presentazione della nuova traduzione italiana del poema "Il Messer Taddeo" di Adam Mickiewicz
Attesa da molti anni, esce finalmente in
Italia, pubblicata da Marsilio editore, la prima traduzione italiana integrale
in versi del più grande poema della letteratura polacca, il Pan Tadeusz (Messer
Taddeo) di Adam Mickiewicz. La traduzione, di Silvano De Fanti, verrà
presentata all’Istituto Polacco di Roma in una serata dedicata all’opera.
Ne parleranno:
Silvano De Fanti, traduttore e curatore del
volume, polonista
Chiara Valerio, scrittrice e saggista
Jarosław Mikołajewski, poeta, scrittore, traduttore,
italianista
Lettura di frammenti a cura di David
Riondino
A seguire la proiezione del film: "Pan Tadeusz" di Andrzej Wajda - FR, PL, 1999, 127’ (v.o. con sott. it.)
A seguire la proiezione del film: "Pan Tadeusz" di Andrzej Wajda - FR, PL, 1999, 127’ (v.o. con sott. it.)
«Il Pan Tadeusz disegna una patria dove
nessuno è straniero, perché il suo luogo di nascita e d’arrivo è la poesia»
Helena Janeczek
Scritto in esilio tra il 1832 e il 1834,
quando fu pubblicato a Parigi, Messer Taddeo racconta la storia d’amore tra
Taddeo Soplica e Sofia, sullo sfondo della rivolta della città lituana di
Soplicowo contro la dominazione russa, nell’arco di sole sei giornate tra il
1811 e il 1812. Intrecciando le vicende familiari dei protagonisti con le
rivendicazioni di un’ideale patria polacca, in un microcosmo sociale di
straordinaria pregnanza, Mickiewicz dà vita a uno dei maggiori poemi epici
della modernità, tradotto da Silvano De Fanti in versi fluidi e incisivi che ne
rispettano ritmo e forza espressiva.
Adam Mickiewicz (Zaosie, 1798 - Costantinopoli, 1855) è
considerato il padre della moderna letteratura polacca. Paragonato a Byron e
Goethe, nella sua vasta opera epica, lirica e drammatica mette al centro
l’esigenza di un riscatto politico e civile, in un linguaggio nitido e
rigoroso, in cui colpisce l’evidenza dell’immagine. Esule a Parigi, dove
insegnò letterature slave al Collège de France, assunse il ruolo di guida
spirituale dei profughi polacchi propagando la sua fede nel messianismo
collettivo della nazione. Dopo la pubblicazione del poema Pan Tadeusz (Messer
Taddeo), nel 1834, trascurò l’attività creativa per mettersi al servizio della
lotta per l’indipendenza della Polonia.
Silvano De Fanti, già professore di
letteratura polacca all’Università degli Studi di Udine, svolge le sue ricerche
in particolare nel campo della letteratura polacca moderna e contemporanea. Raffinato
traduttore, ha tradotto e commentato opere di Hartwig, Kapuściński, Różewicz,
Szymborska, Mrożek, Mickiewicz, Wyspiański, Mikołajewski, Norwid, Olczak-
Ronikier, Tokarczuk, Wojaczek, Kuczok. Per Marsilio ha curato Il sale della
terra di Józef Wittlin (2014).
Scheda del film
Pan Tadeusz di Andrzej Wajda,
FR, PL, 1999, 127’ (v.o. con sott. it.)
“Il film era concepito per essere un
adattamento disinteressato, con finalità puramente artistiche e senza alcuna
allusione alla realtà contemporanea. La fabula contiene, infatti, i motivi
essenziali dei dodici libri del poema, mentre gli attori più amati dal
pubblico declamano i dialoghi in tridecasillabi tratti fedelmente dal testo
di Mickiewicz. L’azione del film non è ambientata, come nel poema, nella
regione di Vilnius negli anni 1811-1812, bensì in uno spazio mitico. Gli
spettatori dovevano rendersi conto della distanza che li divide da quel mito
grazie alla narrazione, che si svolge nel salotto parigino di Mickiewicz,
dove il racconto non solo ha inizio e fine, ma ritorna più volte nel corso
del film. Il poeta (Krzysztof Kolberger) legge l’opera ai suoi ascoltatori
emigrati, nei quali lo spettatore riconosce i personaggi del poema
invecchiati. Quanto più spettacolare si delinea il mito della ‘Polonia
ideale’, situata nel passato, tanto più dolorosa si manifesta ai nostri occhi
la perdita del legame col mito che caratterizza il gruppo degli ascoltatori
nel salotto. Questo espediente del regista si rivolge ai destinatari reali,
agli spettatori polacchi seduti nel cinema, affinché s’identifichino con quel
gruppo: come dire che tutti noi siamo chiamati ad affrontare la nostra nuova
situazione” (Tadeusz Lubelski)
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