venerdì 26 ottobre 2018

"MESSER TADDEO" DI ADAM MICKIEWICZ - UNA PATRIA DOVE NESSUNO È STRANIERO

Lunedì, 19 novembre 2018, ore 19.00
Istituto Polacco di Roma
(Via Vittoria Colonna, 1 - Ingresso libero fino ad esaurimento posti)

Presentazione della nuova traduzione italiana del poema "Il Messer Taddeo" di Adam Mickiewicz


Attesa da molti anni, esce finalmente in Italia, pubblicata da Marsilio editore, la prima traduzione italiana integrale in versi del più grande poema della letteratura polacca, il Pan Tadeusz (Messer Taddeo) di Adam Mickiewicz. La traduzione, di Silvano De Fanti, verrà presentata all’Istituto Polacco di Roma in una serata dedicata all’opera.

Ne parleranno:
Silvano De Fanti, traduttore e curatore del volume, polonista
Chiara Valerio, scrittrice e saggista
Jarosław Mikołajewski, poeta, scrittore, traduttore, italianista

Lettura di frammenti a cura di David Riondino







A seguire la proiezione del film: "Pan Tadeusz" di Andrzej Wajda - FR, PL, 1999, 127’ (v.o. con sott. it.)

«Il Pan Tadeusz disegna una patria dove nessuno è straniero, perché il suo luogo di nascita e d’arrivo è la poesia» Helena Janeczek

Scritto in esilio tra il 1832 e il 1834, quando fu pubblicato a Parigi, Messer Taddeo racconta la storia d’amore tra Taddeo Soplica e Sofia, sullo sfondo della rivolta della città lituana di Soplicowo contro la dominazione russa, nell’arco di sole sei giornate tra il 1811 e il 1812. Intrecciando le vicende familiari dei protagonisti con le rivendicazioni di un’ideale patria polacca, in un microcosmo sociale di straordinaria pregnanza, Mickiewicz dà vita a uno dei maggiori poemi epici della modernità, tradotto da Silvano De Fanti in versi fluidi e incisivi che ne rispettano ritmo e forza espressiva.

Adam Mickiewicz  (Zaosie, 1798 - Costantinopoli, 1855) è considerato il padre della moderna letteratura polacca. Paragonato a Byron e Goethe, nella sua vasta opera epica, lirica e drammatica mette al centro l’esigenza di un riscatto politico e civile, in un linguaggio nitido e rigoroso, in cui colpisce l’evidenza dell’immagine. Esule a Parigi, dove insegnò letterature slave al Collège de France, assunse il ruolo di guida spirituale dei profughi polacchi propagando la sua fede nel messianismo collettivo della nazione. Dopo la pubblicazione del poema Pan Tadeusz (Messer Taddeo), nel 1834, trascurò l’attività creativa per mettersi al servizio della lotta per l’indipendenza della Polonia.


Silvano De Fanti, già professore di letteratura polacca all’Università degli Studi di Udine, svolge le sue ricerche in particolare nel campo della letteratura polacca moderna e contemporanea. Raffinato traduttore, ha tradotto e commentato opere di Hartwig, Kapuściński, Różewicz, Szymborska, Mrożek, Mickiewicz, Wyspiański, Mikołajewski, Norwid, Olczak- Ronikier, Tokarczuk, Wojaczek, Kuczok. Per Marsilio ha curato Il sale della terra di Józef Wittlin (2014).


Scheda del film
Pan Tadeusz di Andrzej Wajda,
FR, PL, 1999, 127’ (v.o. con sott. it.)

“Il film era concepito per essere un adattamento disinteressato, con finalità puramente artistiche e senza alcuna allusione alla realtà contemporanea. La fabula contiene, infatti, i motivi essenziali dei dodici libri del poema, mentre gli attori più amati dal pubblico declamano i dialoghi in tridecasillabi tratti fedelmente dal testo di Mickiewicz. L’azione del film non è ambientata, come nel poema, nella regione di Vilnius negli anni 1811-1812, bensì in uno spazio mitico. Gli spettatori dovevano rendersi conto della distanza che li divide da quel mito grazie alla narrazione, che si svolge nel salotto parigino di Mickiewicz, dove il racconto non solo ha inizio e fine, ma ritorna più volte nel corso del film. Il poeta (Krzysztof Kolberger) legge l’opera ai suoi ascoltatori emigrati, nei quali lo spettatore riconosce i personaggi del poema invecchiati. Quanto più spettacolare si delinea il mito della ‘Polonia ideale’, situata nel passato, tanto più dolorosa si manifesta ai nostri occhi la perdita del legame col mito che caratterizza il gruppo degli ascoltatori nel salotto. Questo espediente del regista si rivolge ai destinatari reali, agli spettatori polacchi seduti nel cinema, affinché s’identifichino con quel gruppo: come dire che tutti noi siamo chiamati ad affrontare la nostra nuova situazione” (Tadeusz Lubelski)








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